«La calunnia è un venticello», canta don Basilio nel Barbiere di Siviglia di Rossini. All’inizio è solo «un’auretta gentile che, sottovoce, va ronzando nelle orecchie della gente», ma quando acquista forza si trasforma in «colpo di cannone» capace di rovinare la reputazione e, di conseguenza, l’esistenza di chi ne è oggetto. Un’arma potente e meschina, che secondo Shakespeare «ha il taglio più affilato di quello della spada e la lingua più velenosa di tutti i serpenti del Nilo».
C’è modo e modo
Non a caso, la maldicenza è la forma d’aggressività verbale più diffusa ai giorni nostri, soprattutto in ambienti ristretti come quelli di lavoro. E non risparmia nessuno: è capitato a tutti di essere al centro di un pettegolezzo, di apprezzamenti poco lusinghieri, di critiche. Alcune voci sono lievi e scherzose, altre purtroppo sono pesanti, cattive e mirano a screditare o addirittura a distruggere l’obiettivo. Così, il calunniato si ritrova «sotto il pubblico flagello», mentre gli artefici della maldicenza restano nell’ombra, di solito impuniti.
Se qualche pettegolezzo, di tanto in tanto, è comprensibile e tollerabile, in quanto è un modo per scaricare l’aggressività senza troppi danni, diverso è invece il caso dei maldicenti abituali che sparano su tutto e tutti e vivono in continua frustrazione. Essi danneggiano gli altri ma anche loro stessi: se e quando viene scoperta l’origine della maldicenza, infatti, tutti possono capire le intrinseche debolezze dell’autore, il quale voleva invece di dare di sé un’immagine di forza e autorevolezza.
Aggressivi e insidiosi
La maldicenza diventa spesso uno strumento di potere e controllo. Secondo il semiologo Ugo Volli, i pettegolezzi sono paragonabili a un virus che si trasmette per contatto diretto e per precisa volontà di chi “contagia”. La carica virale, poi, aumenta a ogni successiva trasmissione di malignità. A differenza dell’influenza, però, in questo caso non esistono vaccini per difendersi. Le malignità sul luogo di lavoro, in particolar modo, sono difficili da combattere, poiché avanzano per vie traverse, e logorano fisicamente e psicologicamente.
Ansia, insonnia, inappetenza, tachicardia sono solo alcuni segnali del malessere causato dalle cattiverie. Se poi la situazione difficile e negativa si perpetua nel tempo, fa scattare la depressione. Come difendersi da questa forma d’insidiosa aggressività? Oltre a ricorrere alle proprie risorse psicologiche, per evitare di farsi tormentare da chi non merita la nostra attenzione, esistono anche strategie per passare al contrattacco e mettere all’angolo i calunniatori. Ecco qualche consiglio.